Davide Toffoli – Inediti

Camminavamo rattristati e stanchi
sulle tracce della strada distrutta

La luna, grossa come un disco vivo,
ad addestrarci gli sguardi rapidi,
l’incastro liquido dei nostri corpi
sfatti dall’acqua e raschiati di sale.

Sentieri scoscesi di sabbia e sassi
oltre i passi indifesi, oltre ogni gabbia,
oltre l’orrore assoluto di questi
attracchi irrisolti, verso l’odore
unico dei pochi intrecci di mani
concrete… E profondissima quiete…

Rari sapori e riflessi di lago.
Respiro d’alberi, caldo e profondo,
velocissimo senza vento o suono.
Pensiero di un cuore che batte. Lento
dissolversi nell’acqua e nelle luci…

Da questa terrazza non vedevamo
il tramonto. Sentivamo altre voci.

*

Sorpreso sulla vetta più scoscesa
con che fierezza guardavo giù in basso
e l’infinita distanza bevevo.
Sotto la notte un bisogno di abisso
mi subissava la mente di lava.

E parlavo una lingua infinita, ma
spenta nel senso da un cuore di sasso.
Già un poco dietro, i tuoi passi di vetro
scivolavano gravi verso valle,
trafugavano i sogni dei ragazzi
con la gioia disegnata sul volto
e una ferita portata sulle spalle.

Ai primi rintocchi, oltre i rami nudi,
indossavo, neri, ancora i tuoi occhi.

*

OGGI…

Oggi la senti la luna sui lotti
premere sulle case col suo volto
acceso nella sua luce distante,
oltre una scomoda tacita voce
che si fa specchio, si fa passo e si fa
aria rotta dal vento e dalle scosse.
Vedi le mosse, le storie mai nate
o inventate dalle nostre timide
menti di madre o di padre o di amante…

Senti un suono incostante, nelle notti,
vibrare sulle cose e su ogni viso
(umano e pagano) raccolto in preghiera.
Tocchi con gli occhi lo specchio del cielo
e, mentre ti scopri figlio, rivivi
le tracce del suo passaggio e assapori,
in attesa della quotidiana morte,
lo spicchio di vita che hai avuto in sorte.

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