Sgrava il cuore il chiarore, l’abbaglio
ascesa verticale. Mala grazia, dicono
mal stare. E il morto? Non ancora.
La lingua arrotola lucertola, s’impicca.
*
Tagliatemi le mani, la corolla
tagliate i ponti, la coda del serpente
le antenne pettinate della bella di notte.
Tagliate la strada all’architetto, i suoi calcoli celesti
seguite il volo della foglia, ala gentile degli uccelli.
Tagliatemi il respiro, il calice leggero del sonno
pesate le pietre argento a metà nel petto.
Tagliate la lingua al merlo, il suo canto arriva ai morti
mangiate il grano nero che ho rubato dal becco.
Vesto il giglio rosso della Landstrasser
estetica del pensiero, dice l’architetto
una strana filogenetica la mia, vita di un petalo
pianta annua a vita breve, mostro denti profumati agli scarabei.
*
Informe dicono, due grammi.
Un giro d’aria, lettera cava.
E la morte? Gira.
S’infila e scappa, spariglia.
*
Bisbigliano strani bimbi
steli curvi, schiena del cielo
sbocciano in occhi di terra
piccole sfere sbianca pelle
gioco cieca e la mosca
sgranocchia punte d’ossa,
tenere teste di giglio.
*
Guardo l’altra metà, quella minuta
didascalia, l’eleganza dei numeri
la misura del dolore di tutte le cose.
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