l’asfalto insapona l’afa
Ai pomodori non manca
il sangue dei sopravissuti al mare
Di cartelli oltre il ciglio, la strada
Ulisse ne conta cento, poi Circe gli nasconde una noce.
Non sta su il parasole:
tutte le palpebre accecate dall’impero della tangenziale.
Sfugge di lato una scritta:
grida la presenza monofonica di Dio. Le frequenze
devono aver colto l’oppio nella regione di Maria:
giovani suore filippine che si rincorrono
intorno ai tralicci del calvario
*
perdere la voce nella neve:
rincorrere le orme del silenzio
ha un esito di sensi
chiusi nelle vene dei polsi.
In questo modo in disuso
allungare il passo verso un nido di avanzi
Desiderare ci resti nella gamba
sino alla schiusa azzurra delle uova
mai destinate ad alcuna promessa.
Troppo facile il contrario;
fare diversamente:
ordinare nel disordine
il brodo delle varie nostalgie
Di traversate mai accadute
o cadute nel fogliame
di un forse, o nel frullo indifferente
di una aspirapolvere nelle sei del mattino
*
pasticciando tra facce e volti
negli anni del disapprodo
una confusione dalle clavicole in basso
tra rapaci e canarini:
medesime zoppie sotto il becco.
L’attesa non ha più fondamenta
nelle carpenterie della promessa
si lega a una porta. E un legno
tutto nelle sue vene, non può
dirsi porta senza un rintocco
avvertito nella gola arrivare dalle scale