I
La spiaggia rilascia la notte
fino a quando le colline non sembrano
un fondale; ride bianco
il volto a voragine. Lampeggiante
la spia rossa del molo
oltremodo il suo farsi crisalide
fa ricrescere lo spazio della sua
ingente veranda misconosciuta. A distanza
lampioni ricalcano vie
sobillano lo sguardo a isolare
lettere adagiate in compresenza
lo sputo illibato sull’erba.
II
Occhi introiettano la luna
un abisso fortuito in un’alba imprecisata.
Si risale acquattati a forte pendenza
fra spire acuminate
dal suo volto di tre quarti
tensioni che saranno dell’acqua.
Improvvisamente è giorno
leoni addormentati nella pietra
da criniere di rampicanti
si manifestano in usura
scalpi e ornamento
di domeniche pensili.
Dice di aver visto un mutilato
a Cairo Montenotte
sulla corriera, gli spasmi
delle ortensie strutturano ingressi
una sottile inappetenza
pregiudica e retrocede
nell’obiettivo il mobilio in corridoi.
III
Passo del Turchino
l’afa si fa stasi
le viscere gonfiano corpi e fiori
di passiflora deposti (disposti)
dalla madre non arriva
nel sogno il buio tra il fogliame
cronologico l’abitato si estingue.
Fisso il cerchio rosso del segnale
nell’affondo di colline, quel rosso lanciato
a torpedine in collisione.
La casa limitrofa a emanazione
del buio, senza controllo la crescita
asfittica di ortensie tra volti inattuali
commisurato al parlare
un vacuo temporale figura animali
nei lampi a vuoto
un treno fermo, distanziato nei giorni
nello squarcio di vigne – scartati dal tempo –
i miei gatti vi osservano.
Ma la segnaletica sbarra la struttura del buio.
Svelta accorcia le scale per infiltrarsi
nel disordine del frutteto, compulsiva non smette
di lavarsi il manto mordicchiandosi da pulci
fastidiose: spia
i cani aguzzando
le orecchie e a inarcarsi nel sonno
nell’ala d’ombra ignara della specie
di piante dove dormire fino al richiamo del nome.
Mastica dove ha più denti
Incisivi, isola la carne e io mi vedo
Nascosto al suo pasto
Notturno, presto reattiva alla pioggia
Ipnotica nel soffio felino
Estingue legami.
28 giugno 2019