L.2
E ti aspetto nei muri, nonostante l’aria morda le orecchie
e giovani ubriachi allo scurire dei giorni, obbediscano a una luna
che squama la vipera. Aspetto nelle mani di fiori stanchi
o che passi il diluvio alle schiene bianche dei ragazzi.
Sembrano danzare le ore, fermi su un piegamento di notte
dove stelle e argenti bucano gli occhi.
Di certo è più lunga e fredda questa notte, nei padri
che non riconoscono i figli, nelle madri che si coprono i seni.
E se guardo alto, nuvole immolate
all’aquila grande. Che sventra.
Aspetto, abbandonato dagli ori e l’alba
mentre il passante si graffia le guance e sputa nelle strade
bruciate dai silenzi. Aspetto che smetta di piovere
sangue, o acque dolci senza braccia o più nomi.
Li vedo sorridere alla mia posa stantia, forse divertiti
dalla calma che porto sul petto. Per come ti ho portato
sul petto.
Aspetto all’angolo, nonostante le arrese del cigno nel fango.
Di mio fango venuto a galla per un soffio
di ventre, alle scapole, al mento.
Li ho visti correre da ogni lato
e pulirsi le mani addosso.
*
L 21
Vengo solo a riposare le gambe
i miei ginocchi d’errante, sbucciati nei ghiacci
oppure ė deserto a me caro. Vengo da giostre di cavallucci
e musiche storte, da ubriacature a colline alte
dove ho perduto il senso nelle mani, fra tutte e due gli occhi,
e del limone Qui seduto il mare non ha odore.
Vengo a rigirare la sabbia, creo file di pietre bianche,
nell’oriente mio capovolto si spezzano in quest’ordine:
vento, poi la brezza, poi la rosa.
Nel chinarsi d’alba e dal torpore
si placano sete e dolori, brillantezze di sale
alla fronte gelida. Vengo a giocare nella sabbia
indossando alghe come collane, un cielo ricreato
da occhi neri neri.
Io sento le sirene cantare, e tu
Salgo sulle spalle dei ciclopi
Spezzo trombe d’aria con la preghiera
E tu, che fai
Da quale inferno arrivi e carnaio
Da quale giorno in mio onore
vieni con un cenno a salutare
e poca voce.