Giovanni Perri – Poesie

Dev’esserci un nome
per dire dove sono quando scrivo
scavando, un nome, che
porti con sè l’odore forse
di qualche campagna bruciata
un nome di donna o di città
che abbia ai fianchi una collera antica
e nella bocca un rudere coperto di sterpaglie;
un nome che entri nella parola casa
e si nasconda per sempre in un punto impreciso del soffitto
nella tenda lì in basso macchiata
da una qualunque ora di paura
uno per dire è sera se le luci rientrano nei tuoi capezzoli
è giorno se l’incendio l’ho visto partire dai capelli o dalla voce.

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Anche da qui passammo nudi
e ancora si sentono i cani abbaiare, ancora
la casa è girata.
Fummo il dolore e fummo lo spavento
di chi è senza memoria.
Ecco perché ti guardo mentre ridi
e mi gira la testa.

Ti do questi miei pochi versi da mettere
nelle tue piccolissime ore
dove non c’è ragione ma solo il nostro stare
felici al di qua di una qualunque notte
e sarai tu di guardia come una donna
che tiene negli occhi una luna
che sta per cadere.

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Oggi vengono i matti,
occorre legna buona
un dolce crepuscolo,
qualcuno che dica:
-buongiorno, sente anche lei il vento nella testa?
e gli alberi li vede e il fumo che sale oltre le case?
Li porterò alla torre
sul pendolo di marzo
a toccare la rondine che passa
e la pietra che grida cadendo.

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si ricompone l’uomo tellurico
adempie alla sua intima morale:
passare attraverso, sanguinare
nel buio di una stanza
come se il buio sapesse rivelare
l’esatta cucitura di un volto,
essergli fondamento, ancora, d’amore.

Cruenta allegria per voialtri esaudita,
passeggera dei corpi esplodimi affianco
fiore della memoria,
fa’ ch’io ti riconosca colpa, canzone,
antenna del mio porto in rovine.

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