Il tempo nell’addome
Distesi sul giardino, ne aprivamo gli organi.
Era il tumore di mio nonno che tornava.
Il ritmo, quello della morte di un albero.
Dalle radici mia madre prese la disposizione
Alla frammentazione. Della terra, il muschio
L’avremmo conservato per un natale a venire.
Un procacciarsi di trame morbide: il presepe
Che sempre papà meticolosamente riscriveva,
Con mezzi di fortuna. Era inverno quando
Il vento tornava a cercare infetto un nucleo
E noi, a raccogliere il muschio secco nell’androne.
Il tempo nell’addome del suo stesso paziente.
*
La costellazione del Sagittario
Cosmologia del ferro, di preveggenze
E manti di bisso. Cosmo che ricalchi
In un solco i gorghi, gli stretti fianchi
Di un avamposto materno e il mio sesso
D’arco pendulo e smorto nel garbuglio.
Costellazione del Sagittario, ossessione
Di tutto quanto non è più necessario.
Di pensieri e scettri di crinale, di gechi
Sul rullo caldo del frumento. Andavano
Per l’addome, lungo il dorso della ferita.
Nel manipolo di una nazione, dove ero
Esule a cercare sinonimi di amplesso.
*
Le voci delle balie
Tornassimo indietro,
Con colpe da espatriati. Nelle fauci torve del sud,
Nelle gole schiave e tumorali. Tornare
Al padre generale,
E confondere ancora lemmi per truppe, e
La felicità per l’incanto del cielo che abbonda
In cordoglio le voci delle balie.