Federico Preziosi – Poesie da “Variazione Madre”

Sono nata dall’incesto di una Madre
da un sangue rappreso in due palmi di mani
cosparso sul ventre in un mattino
in novembre, sul tramonto dell’autunno.
Raggelato sotto ai tocchi, gli irti rami,
penetrava lei in miti sciami, ed io
non sapevo nulla di un suono, di un mantice trachea:
godevo di un vagito doloroso quando
mi piantò le sue radici in corpo.
Divenni Figlio, Amore e infine Donna
la sua cute prominente, un odoroso incenso,
il giorno in cui recise labbra nell’iniziazione
mi ha rubato il bacio con occhi in lacrime.
Sul sesso piovve del mascara, un inchiostro
di lettere e diari, come se l’autunno
fosse primavera senza polline, mentre io
del miele mi cosparsi il volto.
La notte pregavo le falene di mangiarmi
portandomi da Dio senza condanna.
Dinanzi a lui, non volevo fossi io.

*

Mi atterrisce la ferocia dei tuoi calzari,
i cenacoli dove spezzi solitari gli attimi
e le fughe nell’ossimoro e nell’odio
che tradiscono bene il tutto del senso spietato.
Convessi restano ricettacoli ingordi, l’odio
per i momenti rigonfi o le apnee sul marmo:
quanti furono i caduti dall’altra parte e quanti
fingendo di mietere martiri a cogliere spine?
Sei l’odio che resta per la pazzia, il mio fallimento arcano;
la miseria pia è l’illusione che resisterti sia un male
e che solo funzione succube si ritrovi a muoversi così
come muove il vento. A te gli scatti a me i resti.
Tu valanga io ramoscello.

*

tutti a terra nel censimento in fango
vivendo retrattile un secondo atto.
Un dì fu detto che ero pro tempore
e le previsioni del tempo non davano altro:
portavano pioggia, che ti abitavo. Ero di nuvole e pioggia
gocciante su un fiore, serafico fiore su
nervi di stoffe e dispense di perle.
Precipitava sui seni il dato di fatto. Si flesse
nel tratto del giunco in digiuna posa.
Mi si spezzò in nevrastenie
la primavera convulsa.

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