La via d’entrata
Sobbalzando da un lato all’altro verso un orizzonte sgombro.
Il campo a maggese è una pagina piena di possibilità, e questa sensazione che ti solleva dalla terraferma te lo ricorda.
E ti ricorda che è l’incompletezza che ti spinge a tendere la mano, ad alzarti dalla seduta scomoda.
Taglia quell’occhio che non sposa nulla, accartoccia quel mondo parziale che decontestualizza i significati e li porta dove non sono.
Avere una copia da pochi euro di Frida Kahlo appesa in salotto e Bauman nella libreria non ti serviranno ad aiutare nessuno, tanto meno il vendutissimo nichilismo intellettuale della camicia abbottonata stretta al polso.
Riscopri quanto è sexy l’autocritica, e che il talento migliore non dà nell’occhio.
Riscopri che la pelle è fatta per stare sopra ad altra pelle. Qualunque pelle.
Quella finestra che riflette la morbida luce dell’esterno e rende caldi i contorni è la via di entrata, non di fuga.
E se quelle lacrime sgorgano e ti scombinano il volto è solo perché in te c’è una fonte d’acqua.
E riprendi quei remi storti e diversi, con quelle mani impiastricciate di colore, che è tornata l’ora.
Di concederti felicità.
Di rilasciare felicità.