Estratto dal Canto XVII
Viviam tra le rovine
dei nostri antichi cuori, fatti legno,
e questa nostra pelle è fatta asfalto,
che risuona al passo del pellegrino
non so quale lamento
di morte e di scontento, e di declino.
Guarda queste mie mani,
che ‘l vento fende e strazia:
son fatte per carezze,
ma il Grecale ne fa dolore e rabbia,
le secca e taglia, come
il terreno senz’acqua, sotto il Sole.
Ma ad un migliore scopo il mio dolore
alzo, né posso finir di porgere
la mano a chi ne vuole.
Le mie giovani mani già invecchiano,
quando le bacia il vento,
ma ecco che quando chi amo le bacia,
non le ritraggo indietro
e trattengo le labbra sul mio male,
trattengo a me quel bene,
che trova luogo tra le mie rovine
e allora sono viva! Che sul nulla,
questo mio piccolo amore, prevale.
Lo so quanto nefasto il dì natale,
può parere a chi soffre
e a chi soffrire suol cercare senso
e non lo trova e il divino disegno
finge di scorger, dentro al suo perire.
Ma vivere guardando le caduche
cose, distoglie dalle opere belle,
che si fanno o son fatte,
come la donna, che bella, le rughe
guarda, più dei begl’occhi e del bel corpo
ancor roseo e fecondo.
Guardi tra queste tombe celestiali
quanta polvere alza il Grecale, in alto,
ma non scorgi le note,
il color delle scosse magnolie,
che il medesimo soffio
spira forte. Vitale.
Se ogni persona un fiore
avesse in cura, il mondo
sarebbe ricoperto d’una flora
così fitta e così viva, che il Sole
sorgente non vedremmo oltre le fronde.
Non è richiesto a pochi di far tanto,
ma a tutti noi quel poco,
che nuova luce al giorno
possa dare, e un futuro.
Qual è l’estremo ramo da cui il frutto
dall’uomo sarà colto?
Sarà quello rivolto alla tempesta,
nutrito di Grecale, ancora in vita,
mentre i rami assolati,
appassiti, per paura
avranno già finito di fruttare.
La fronda alla tempesta, invece, il pomo
avrà protetto dal vento fatale
e per l’uomo sarà questo il raccolto
ultimo e l’ultimo giorno di Sole.
Questo ramo ch’è scosso alla bufera
è l’artista, che al bello
sacrifica la quiete
e l’animo esanime ed immortale.
Quando la penna e il pennello e la carta
e poi la corda e il tasto,
saran tornati polvere e il nefasto
dì fatal sarà l’oggi,
nulla sarà rimasto dell’umano
passaggio sotto il cielo.
Ma quel giorno è ancor lungi
e ancora il caldo Grecale sospira
e porta in grembo brezza
e frescure e speranza
e colpisce e accarezza
questo madido fiore, che qui sorge.
Spinge e sospinge il bel petalo frale,
che si erige orgoglioso
tra i venti umani e le umane carcasse
e le immani correnti del progresso
e tra i fiori del male.
Trova ciò che ami. Dagli tanta cura,
che ogni uomo che ti vede,
sogni qualcosa di tanta bellezza
d’amare a quel modo e in quella natura.
La frescura di questo vento caldo
raffredderà le fiamme,
che consumano la bella stagione
e quando naturale,
a ogni uomo, sarà portare un fiore
sul palmo della mano,
l’umanità avrà il mondo per amore
e tutti avranno inteso
quale sospiro sussurrò il Grecale.”