Simone Sanseverinati – Poesie da “Il viaggio di chi soffia”

Fodere di plastica nel buio della democrazia,
che bella la burba degli archivi!

La dizione di un mito può sottrarre
la bandiera a un gufo digitale.

Servizi introdotti da impurità carnali
a volte scambiate per finalità.

*

AI E SUI


In un luogo coperto
da 4 angoli di creativa distanza
erano come ‘ai’ e ‘sui’
esperti di bottoni
con la forza di un parcheggio davanti a una chiesa,
foro dopo foro cercarono un appoggio giocoso
che non avesse difensori,
dall’alto si aggrapparono alla fame
dei caduti, decisi a incidere
come colonne pronte all’iscrizione.
Non poterono più scusarsi,
la stanza dei baci venne chiusa
e il pavimento si mescolò
ai 4 angoli creativi,
dal buco passarono le furie
pronte a scongelarsi
in un’ermetica scelta sbagliata.
Chiuso al sogno,
lo strappo dei vestiti si legò
all’arsura del consumo
e le bocche dissanguate
cedettero all’usura.

*

CREDO SIA ORO


I rivoli venatori di una mano
comunicano cedevolezza con l’altra,
un filo di giunzione esterno
non conosce il vaso dorato che ha generato
questa coscienza, né l’ampolla inodore
chiusa in un tacito scontro interno.
Credo sia oro, illecito sguardo,
incline forza dello stupore

Se tu fossi una lacrima
resisterei senza piangere.
Asciugare una tua carezza
mi schiaccerebbe le vene pulsanti del collo
fino all’estrema vulnerabilità.

*

MACELLO


Polli a conduzione familiare miravano alla cresta dello scalpello,
lucida menzogna del bello,
anche a scuola c’era un orco
dedicato a se stesso, sporcava
minestre scure e forbici di strutto
con filtri burrascosi che non superavano
i denti ingialliti.
Prima della stanchezza
assistiamo alla grezza fine di un porco
accasciato
in una conclusione discussa dal pensiero
e macellata dalla nascita.

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