François Nèdel Atérre – Poesie da “Mistica del quotidiano”


È l’indulgenza serena, che dura
soltanto un poco, della prima sera:
in mezzo a blocchi di case che il sole
ha reso calce, si riaffaccia il vento.
L’ardente apostolo dell’ora serra
la mercanzia in cartoni, un vecchio tace.

*

I borbottii cadenzati dell’acqua,
dentro le curve delle tubazioni
nascoste, che non tacciono di notte,
fanno pensare a un codice segreto
di tortore, a un fraseggio in mezzo agli orti.
Passano poche macchine, si muove
sopra le corde un bucato tardivo.
Fuori, per ogni strada conosciuta,
sono sbarrate le porte di ingresso.
Qualcuno dice cose senza senso
a una bellezza svogliata, nel sonno,
altri, già in piedi, scandagliano l’acqua
di un fiume smunto, armeggiando tra i sassi
con mezzi improvvisati, inutilmente.

*

Dritto negli occhi, un lampo, l’altopiano:
stoppie e ginestre tacciono, tra i monti.
Sassi rigati e vento, pioggia nuova,
frutti maturi al grembo, la radura.

*

La bella gente se n’è andata tutta.
La luce delle lampade si è spenta.
È misterioso, il bagliore del cielo.
Adesso può risplendere, la sera.

*

Hai la perfetta geometria di un tempio,
le volte salde, tra i palazzi nuovi.
Le tue colonne bianche, dritte ai fianchi,
hanno respinto i barbari e gli incendi.
Per celle piccole, rivolte a oriente,
proteggi ancora i riccioli e la fronte
di dèi d’avorio calmi e luminosi.
Ero nel tuo recinto, nelle notti
di neve o esposto al caldo soffocante
che tiene a bada sacerdoti e ancelle.
Dei muri e dei dipinti so il colore
e le ragioni. Spesso, alla tua pietra
ho fatto nuove metope, iscrizioni
senza scalpello, con le mani nude.

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