Roberto Addeo – Poesie da “La mia generazione veste apatia”

Linea

ordinati nel disordine di uno sterminio
i pensieri spingono i versi sotto il bianco della pagina
al riparo dai quesiti che non cercano risposte
mi fondo col buio che mi circoncide in un patto di mutismo
non auguro nemmeno al nemico più maligno
di recarsi oltre quel filo di luce
che divide il mio sguardo
da ciò che vede

*

Passeggero

Quando mi stringeva la mano sentivo i grilli trimbulare. Nell’atto di abbassarmi per poter raggiungere il suo orecchio avevo già dimenticato le parole giuste. Camminavamo senza una meta, dal momento che la nostra unione non aveva un perché. A letto non ci provavamo nemmeno a spogliarci. Farlo era per lei un’occasione buona per deridermi. Amava il pane fresco alle cinque del mattino ma non alzarsi presto. Quell’unica volta che la portai al cinema s’innamorò perdutamente dell’attore antagonista. Mi chiamava col suo nome quelle poche volte che riuscivamo a farlo. Mi leggeva l’oroscopo e affermava che il segno del Cancro era pesante. Dava una scorsa alla mia mano e mi diceva che la linea dell’amore era breve.


La prima volta che uscimmo insieme nessuno dei due disse niente finché mi chiese di riaccompagnarla a casa. Mi parlava degli uomini con cui era stata prima di me e a volte mi sembravano tremende le sue parole. Io non le raccontavo delle donne con cui ero stato prima di lei perché non ero stato con nessun’altra. Quando non avevo soldi, non ne aveva neanche lei. Se la sua migliore amica non si sentiva bene, anche lei stava così. Nei giorni in cui mi sentivo male io, era lei che stava bene per me. Tutte le volte che rideva mi guardava fisso negli occhi e subito dopo scoppiava a piangere.


Mi aveva raccontato del suo passato tormentato ma sentivo che me ne aveva parlato poco. Invece io le avevo riferito tutto di me e per questo motivo non avevo più niente da dire. Quando non mi rispondeva al telefono mi sentivo capace di commettere le più ignobili delle azioni. Le poche volte che non le rispondevo io, erano quelle in cui mi ero immaginato di non farlo. A letto non ci provavamo neanche a comunicare seguendo l’intesa dei corpi. Farlo era per me più che altro un’occasione buona per sentirmi virile. Amava i regali ma non gliene facevo perché mi aveva detto che gli uomini con cui era stata prima di me le avevano offerto tutto quello che le piaceva. L’unica volta che la portai sulla spiaggia mi disse che il mare piatto la faceva allarmare. Mi chiamava col nome di un suo ex solo quando non stavamo a letto. Mi leggeva l’oroscopo e affermava che il segno del Cancro era un segno femminile. Dava una scorsa alla mia mano e mi diceva che era bella anche se piccola. L’ultima volta che uscimmo insieme parlammo così tanto che, quando ci lasciammo, lo facemmo senza discutere. Tutte le volte che piangeva mi guardava fisso negli occhi e subito dopo scoppiava a ridere. Mi aveva raccontato del suo passato tormentato ma io sentivo che non aveva detto mai niente sul nostro futuro.


Quando mi stringeva la mano sentivo il cuore annerirsi e le stelle illuminare i nostri passi separatamente. Camminavamo senza una meta perché a entrambi non andava giù l’idea che qualcosa potesse finire.

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