Fabrizio Sani – Poesie

Una canzone triste

Mia nonna è il dipinto di mia nonna.
Mia nonna è l’inquilina di mia nonna.
Per me era il volto della domenica mattina
e qualche nascita e qualche morte e qualche eternità
che rotolavano dentro le rughe di un paese
senza spingersi mai oltre la vecchia chiesa.
Mia nonna si avvicina lentamente,
molto più lentamente di ogni altra volta.
Mia nonna è il male minore di mia nonna.
Mia nonna mi mette una mano sulla spalla
e i capelli smorzano la carezza che dona.
Mia nonna è quel gesto obliquo con cui le tengo la testa
e ci insegna che niente dà più intimità della sofferenza.
Si ricorda quella canzone triste,
dice che fa: na na-na-na-na na na.
Per la prima volta in una vita intera
le sorrido per davvero.

*

Vincenza

L’assolo di civette snellisce la lama già sottile,
si stringe lo spazio tra un filo d’erba e l’altro.
Una signora anziana sale lentamente tre gradini,
i suoi passi lasciano impronte nell’aria.
Indugia sul pianerottolo,
sotto una fioca lampadina,
dentro la cornice del portico.
E si guarda indietro un istante.
La riesco a ricordare solo piegata dalla sua gobba
di fatiche, mai lamentate;
comprava da me le tagliatelle all’uovo,
qualche detersivo,
un po’ di formaggio;
nei giorni di festa il suo cortile si affollava di auto
e mia madre le vendeva l’arrosto girato.
Il nostro abitare il mondo è abitare delle intercapedini.
Spegne la luce e rientra in casa.

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