La casa gialla ha due cani.
Nella casa gialla c’erano due cani.
Son morti, tutti e due, di una qualche morte
canina. O per mano umana.
Uno dopo l’altro, nel lasso di una settimana.
Da allora, ci si guarda con aria animale
chiedendoci chi sarà il prossimo a cadere.
Se il tuo cane, se il mio, se quello del vicino
o se invece sarò io.
Di una morte qualsiasi, canina o umana.
*
Le dita frugano, mescolano
sciarpa con calzini
e lasciano dietro di sé
nel corridoio
un reggimento di oggetti inermi
intere ore trascorse senza paura
detriti come case diroccate
dopo il terremoto
o figura d’uomo
morto, per terra
persi per sempre i bottoni alla camicia.
*
Ci sono stanze chiuse a chiave
dove nascondiamo ciò che non entra più
in noi, ciò che resta fuori.
Il disordine così disposto
ci siamo dimenticati di lui
per anni,
finché un giorno è riapparso
e dal nulla, in silenzio
come muffa che intacca il muro,
la casa ha iniziato a cedere,
prima dentro di noi,
infine, inesorabile,
verso lo schianto.
*
La foresta oltre il muro di fondo
non dorme, non parla, non si muove:
restiamo vigili
con gli animali a farci da famiglia,
ascoltando il vento graffiare le tegole:
sono giorni e notti senza tregua
in questa casa enorme che galleggia,
mentre consultiamo le foglie tremule,
oracoli di vita o di morte, racchiusi
in una gabbia che rasenta l’inferno.