Giovanna Cristina Vivinetto – Dove non siamo stati

Le madri del paese prima di essere madri erano
idee distratte di vento tra le casse di frutta
dei loro padri. Con le teste piegate verso
la luce erano un guizzo nel folto dell’alba
– in pugno un mucchio di ciliegie sottratte alla conta
da snocciolare di nascosto a gambe intrecciate
sul greto ricurvo laddove un tempo c’era il fiume.

Le madri del paese prima di essere madri erano
corde tese a vibrare al di sopra del dolore:
il loro volto affiora appena dal muretto basso
mentre le luci precipitano sulla campgna.
E l’aria si addensa come un canto o una preghiera.

*

Quando si muore le ombre si assiepano
un po’ più in qua, affondano dense negli anni
ultimi mentre nella mente tu ritorni quella
di sempre. Così non sei più la forchetta
impugnata al contrario, non sei
il giro di passi a vuoto nella casa
scordata né l’immensa paura annidata
negli occhi, più non sei la fatica piccola
nel tenersi aggrappata ancora a qualcosa.

Sei la voce mansueta nel citofono
nella visita del fine settimana:
Chi è? Chi è? «Siamo noi, nonna, apri».
Sei lo stupore buono in attesa
in cima alle scale.

*

Questa la nostra intimità racchiusa
nell’incavo della mano e fragile
come gli anni addensati sul dorso
degli anziani. Simile a desideri
abbandonati sul bordo delle cose.

Questa la nostra intimità qualche volta
ostile su zampe circospette di felino,
agli occhi la grande quiete di chi sa il dolore
e lo sa chiamare finalmente per nome.

Ma noi oggi abdichiamo alla violenza
delle gole che si dibattono per trovare
la definizione, rinunciamo leggeri
a tutto ciò che si muove nell’aria
per ferire, per sradicare.

Che sia la gentilezza tutto quel che abbiamo.
La dolcezza del gesto che si libra
piano sul capo per consolare.

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