Spostamenti #25 | Beatrice Zerbini

a cura di Giovanna Frene
da D’amore (Interno Poesia, 2022)
fotografia di Enrico Maria Bertani


SPOSTAMENTI
Rubrica di poesie, parole sulle poesie e parole sulle parole


3

Il carro funebre in autostrada
e io dietro con la Smart,
sulle gomme da neve
e l’estate che ci tiene
sicuri
oltre lo stesso guardrail:

tu ed io, tu
non più capace, io
capace solo
di non farmi amare,
col mio identico
baule di fiori

e la mano di fuori
a raccogliere il vento
che tu non senti
più.

Il tuo niente
va a raggiungere i tuoi affetti,
il mio
va a scontarli tutti;

strane le nostre vite:
tu che muori, io che non vivo
corriamo tutt’e due verso Firenze.

11

Potrei scriverti una lunga
lettera,
per spiegarti con parole
se lo vuoi –
di che cosa tu mi spogli,
come tu abbia fatto piccolo
questo corpo amato male.

Ma rimanevo nel cortile,
seduta sui gradini,
nei primi pomeriggi
digeriti dagli anziani
nei letti di sopra
delle case popolari:
e da lì ti scriverei
con la mano più grande,
con l’identico cuore:
io sono una che piange
una cornacchia che sguazza
nel parcheggio soleggiato
sullo svincolo.

Nel becco,
con la mia identica gioia
divora un grande pezzo
di carta stagnola.

20

Andando via di fretta dall’amore
che provavi,
nuda io, 
senza le scarpe,
ribaltata, sciocca e illusa,
ho dimenticato

la luce accesa mia,
la finestra senza tende, che adesso
ti guardano dentro
la nudità di non farcela;
il fuoco dei fornelli avvampa e sopra 
brucia la pentola svuotata:
intorno senti solo
l’odore dei manici imperfetti,
dei difetti e non quello 
delle rose che io
ho abbandonato
a fiorire.

Andando via, di fretta,
dal tuo amore,
ho lasciato
un allagamento di mattini futuri,
un disordine di felicità mancate,
crederti,
un crollo, uno sfascio, due cadute.

Fammi tornare dentro,
almeno per spegnere la luce.

46

Moriranno i nostri vecchi,
con la pelle trasparente sulle mani
e il verde delle vene;
con una caramella
nella tasca e nel polso
un fazzoletto già sgualcito,
le briciole dell’ultima,
ma non ultima guerra. 

E allora non lo so che ne sarà
della grazia del brodo di cappone,
da succhiare fra le labbra,
ma senza far rumore,
dove andrà
a morire, dove andrò 
a seppellire il mio
avere visto il piatto,
l’abbraccio che ha tenuto
nel suo cerchio stretti insieme 
me intera e il Novecento quasi tutto.

67

Per quanto io mi sforzi,

studiandolo dal bordo di una piazza,
seduta sul gradino in cui ti aspetto
come se fossi ferma in una pesca,
nel mare delle facce che non sei,
nel mare delle vite che non sono,

non mi ricordo mai

come siano capaci tutti quanti,
come facciano gli altri umani vivi,
in questo spazio-tempo che ci tiene,

ad essere nel mondo e a non amarti.


SPOSTAMENTI
Rubrica di poesie, parole sulle poesie e parole sulle parole


Questa rubrica di poesie, Spostamenti, nasce dalla necessità prima di tutto di dare voce al testo poetico mediante un commento, inteso questo come pratica di lettura e rilettura lenta, necessarie per cogliere quei meccanismi del testo che spesso la lettura veloce che il web suggerisce occulta. Per certi versi, la pratica del commento tanto somiglia a quella che, nell’ornatus, è la caratteristica dei tropi: si tratta di compiere uno spostamento, una sostituzione, un cambiamento di direzione che investe un elemento originario, e che nel nuovo elemento che sorge altrove rivive in una veste traslata. La pratica del commento, infine, richiede un servizio umile e gratuito al testo poetico.

La rubrica avrà inoltre uno spazio dedicato alle “parole sulle poesie”, ossia alla recensione e/o segnalazione di libri di poesia, ma anche a testi che verranno ritenuti utili per quel che concerne la dimensione del fare poetico. In quanto a ciò che viene designato con “parole sulle parole”, si intende dare spazio all’ambito saggistico, ma anche a interventi di poetica e a interviste, con apertura a tutti coloro che desiderino dare il loro contributo.

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