Marco Vetrugno | Mangi la luce. 10 poesie per Giancarlo Mustich

a cura di Nicola Barbato
opere di Giancarlo Mustich, Senza titolo, tecnica mista



1

Tensione dei corpi 
sospensione del gesto 
sospensione. 
Non parlano: 
protesi nei cieli cremisi 
ingabbiati nei gironi infernali 
non parlano. 
La teca vuota 
le ampolle impolverate 
l’irrealtà è assoluta. 
Non scendono 
non salgono 
non riposano. 
Occhi sgranati 
bocche cucite 
mani deformate. 
La presenza è assenza: 
sanguina il colore.

2

Qui vigono gli opposti: 
il candore del bianco 
l’oblio del nero. 
La sequenza dell’uomo nudo 
spogliato di tutto 
affrancato. 
L’uomo manicheo 
esaltato nel dominio della rigidità 
nel coraggio celato nell’immobilismo. 
La colonna vertebrale è attraversata 
da una serie di preziosi anelli 
le braccia distese sono antichi scudi 
che proteggono 
i piedi sono inchiodati al suolo. 
Vertigine 
apnea 
silenzio. 
Qui vige il silenzio: 
la purezza.

3

Preparare la base 
scavare le fondamenta 
affrontare le rovine. 
Il pensiero precede l’atto: 
segui l’istinto 
abbandonati al flusso. 
La visione onirica 
l’eterno incedere 
lo spartito celeste. 
Steso a terra 
avverti le vibrazioni 
abbracci. 
Steso a terra 
osservi il passaggio: 
mangi la luce.

4

Punto di fuga 
campo aperto 
interruzione: interruttore. 
Studio dei corpi 
campitura materica 
destrutturazione: flessione. 
Chiarirsi le idee 
svelare l’enigma 
verità: verità. 
Inserire la chiave 
non aprire la porta 
spalancare la finestra 
non guardare giù 
inspirare: espirare. 
Arco a sesto ribassato 
gomiti poggiati sulle ginocchia 
i palmi sostengono il mento 
non reggo: io non reggo. 
Tremore improvviso 
squarcio. 
Conta 
non fermarti 
conta. 
Crollo: crollo: crollo.

5

L’uomo-scatola dorme rannicchiato 
nello spazio segreto. 
Protetto dalle ombre oblique 
di colonne millenarie 
sogna costellazioni lontane 
inventa nuove formule alchemiche 
si culla nell’incanto. 
L’uomo-scatola è il re di un’isola remota 
conosce i codici e i linguaggi 
degli animali estinti 
conosce l’esatta profondità 
delle cavità craniali. 
L’uomo-scatola si erge sul nulla 
è il punto definitivo 
testimonierà la fine: 
suo sarà l’ultimo pensiero.

6

Liquidare tutto 
nell’incompiuto 
nel salto 
nella leggerezza dell’uomo che fluttua. 
Liquidare tutto 
nella torsione dell’ultima pennellata 
nell’interpunzione dello sguardo. 
Liquidare tutto 
tratteggiando un cannocchiale inverosimile 
una scala 
chiarendo a te stesso 
cosa sia rimasto intrappolato. 
Dipingendo sconti la pena 
saldi il conto: 
rinasci.

7

Sei tu il margine 
sei tu la deriva 
l’approdo non esiste. 
Ricorda il primo piacere 
riscrivi le regole 
e poi strappa subito il foglio. 
Non dimenticare mai chi sei 
non dimenticare mai i tuoi luoghi 
i tuoi affetti. 
I fallimenti sono una possibilità 
sono le cadute 
da cui ti sei già rialzato. 
Gli sdoppiamenti sono i riflessi 
di un vetro infranto 
ma tu sei sempre uno 
uno e mille: 
sei tutte le tue opere.

8

Disegni con tutto il corpo 
con i nervi in tensione 
digrignando i denti. 
Le vibrazioni 
il miasma organico 
sono convertiti nella bidimensionalità del segno 
animano la Babele degli esseri fantomatici 
la bolgia. 
La confusione però è solo apparente 
l’equilibrio è sostenuto dalla simmetria 
dal gioco dei pieni e dei vuoti. 
Elettricità 
pura elettricità: 
l’origine della crepa.

9

Giancarlo ricorda 
che mi hai promesso un rosso 
più lucente del sole 
più vivo del vento 
più profondo del mare. 
Ricorda che basterà 
anche una sola goccia 
una sola lacrima angelica 
una voglia impercettibile. 
Quel rosso chiuderà il cerchio 
aprirà tutti i cancelli 
sarà l’inizio e la fine: 
il taglio.

10

Tuo padre credeva in te 
probabilmente aveva già compreso tutto 
nella preveggenza del sangue. 
La sua morte ti ha cambiato 
oggi proietti un’ombra diversa 
i tuoi passi sono più lunghi. 
La metamorfosi è conclusa 
lo sguardo è mutato. 
Io credo in te 
nella stessa misura. 
Talento per talento 
visione per visione: 
la lotta è la medesima.

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