Giulia Catricalà | Poesie

a cura di Ilaria Palomba


Ricordare è riordinare 
segno a segno, fare 
regno dell’inessenziale,
estinto e poi tornato.
Ricordare te è affilare, 
taglio a taglio, fare pegno
del dolore in cambio
della regola che tu sei 
nel passato. Scordarmi
di te sarebbe, pezzo a 
pezzo, esser viva in vie 
distorte, uscire dal senno, 
uscire dal senso senza
passare per la morte. 

*

Quanta nobiltà agita il mare, 
che tutto digerisce e feconda 
in amniotiche onde, e scuote 
fronde di possibilità, di attese 
cifrate e voci di gole – e bagna 
il tuo tornare accorato alle
sponde, quando lanci gli occhi
oltre il fondale che stagna e
cerchi i figli di un’altra umanità. 

*

Posso immaginarti
mentre chiami a raccolta 
lo sfacelo di eventi, gli
anni avversi che ti fanno
schiera. Fai il segno della 
caduta, quando scuoti 
la minuscola mano, in
quel gesto inconsueto 
di salvare qualcosa dal
vento, forse un filo, 
un fiato, lo stento di
un’anima pura.

*

Nella tua stanzetta hai
disegnato cerchi concentrici,
gesti di piccolo dolore, 
passi distratti da minuscole
distruzioni. Hai affilato
spigoli fra la cucina e la
camera da letto, girato 
e rigirato l’angolo per 
un po’ di latte caldo che 
passa meglio l’inverno.
Nella tua stanzetta hai 
scavato tane con prove
di collane, hai scritto
memoriali sul da fare,
ascoltato e pregato i 
tuoi maestri, tu che vivi
di gesti minimi e non protesti.

*

Ti ho cercato nel fondo di ogni 
cosa, senza sapere che tu sei 
la cima e ti incanti nel cielo,
altissima, di luce affissa. 
Tu che sei fatta di ogni sospiro, 
di ogni spavento, di ogni 
battito d’ali impazzito nella
foresta. Tu che sei il mondo 
che si desta, e ridesti in me 
tutte le voci, e mi parli piano,
attenta a non perdere petali 
se mi sfiori.

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