a cura di Giovanna Frene
da [la casa è nera] (Vydia, 2021)
fotografia di Dino Ignani
a volte leggono nelle stelle la casa
pensano per un sorriso
con l’ombra dei fiori falciati
guardano il perdono
viene un colore di sere
quel toccare appena del sereno —
bisogna amare il poco
per capire.
*
nella terra non arata
l’asse di legno a chiudere la casa
ricorda il mancare dei vivi
i lavandini bianchi —
la luce di questi giorni
per conoscere le ossa
scava dove la talpa
è il suo ricordo
e un tempo di polvere
va nel cielo, perché parli
qualunque voce
qualunque io.
*
gli sfondano il petto e guardano nella morte. non capire se ognuno di loro è ognuno di noi, se siamo qua e là. pensare nel bicchiere com’è l’acqua, cosa portiamo nel lontano, nel corpo dove c’è il piangere e il viso è una terra più estrema e violata. com’è più leggeri delle nubi quell’andare, sentire in una voce cos’è chiamarsi. cos’è non avere addii.
fanno con gli aerei come chi è solo a parlare. chi è solo a parlare gli aranci può un paese di sole e di alberelli, ma altri prendono le terre, prendono mani di bambini e quaggiù il secchio degli stracci, un ospedale di piastrelle chiare, il sangue per parlare più grande di pareti. Così il nome degli uccelli nelle storie… al cielo i nomi gli cadono. uno alla volta sanno ogni morte. la morte in quella pazienza di biancore.
*
vediamo la morte ma siamo fedeli ai volti
*
“la notte è pietra sotto il capo
un lenzuolo ai morti, la spalla
di pianto e giardino, le cose
insieme con la vita”
“il deserto tradì coi colori più
belli con la luce intera e il soffio
degli uomini su alte colonne,
lì nell’ora di ora solo spine”
*
la terra cresce il piatto cresce la schiena
ma in basso
e nei cappotti l’odore — qualcosa dove sei
dove vestirti:
stanno pieni d’acqua
o l’erba dei campi nella pelle
credevano i giardini la cena i libri a vivere
guardare alberi farfalle
[la casa è nera].