Garous Abdolmalekian | Trilogia del Medio Oriente

a cura di Lorenzo Pataro
traduzioni di Faezeh Mardani e Francesco Occhetto
da Trilogia del Medio Oriente. Guerra amore solitudine (Carabba, 2021)


I

È notte
e in contemporanea
cadono i colpi
su me, Siria e Baghdad

Mi siedo sul divano
e accendo la dolce tortura

Il notiziario
di me non dice nulla,
il notiziario dà solo notizie
per coprire notizie

È notte
le formiche
spostano l’angoscia della terra

È notte
e io assomiglio più alla guerra
che a mia madre

È notte
e ho gli occhi sanguinanti
come i pozzi di Khorramshahr

È notte
e le nuvole nel cielo
interrano la luna

È notte
e io dovrò
da qualche parte iniziare questa storia:

III

Ci sono ricordi
che non mi lasciano più

Ci sono ricordi
fissati con un chiodo
al mio teschio

Miei amici
si lasciarono cadere
per raccogliere i loro fucili
Miei amici
andarono a morire oltre il confine

Bambini
stringevano il cordone ombelicale
per non nascere

Noi
pregavamo il cielo
e dal cielo
cadevano le bombe

Mio fratello diceva:
bisogna tramontare
non vedi che il sole
sorge ogni mattino
e ogni sera pentito
se ne torna via?

La bellezza è in declino
e delle donne
non resta altro che uomini

Ci siamo sposati con gli uomini
e abbiamo partorito
i deserti

XXIII

La canzone che bisbigliavo
è ancora sotto la mia pelle
o mi ha abbandonato?

Perché
più scavo la terra
e meno raggiungo le mie radici?

Mi hanno detto
che sono nato quarant’anni fa
allora perché più suono il campanello
e meno sono a casa?

Perché le pietre nascono morte?

Perché più scavo questo pozzo
e meno raggiungo i gemiti della terra?

Perché questa poesia non finisce?
Perché questa poesia ha ingoiato la sua fine?
Perché questa poesia
va e contemporaneamente torna:

è notte
le formiche
spostano l’angoscia della terra

è notte
la scrivania rotta
si sforza di sorreggere
i suoi ricordi

è notte
colui che ha fissato il buio con mille chiodi
al cielo
di che cosa vuole vendicarsi?

Noi siamo seduti nel tempo
e il tempo in noi cammina
noi nel tempo avanziamo
e il tempo in noi arretra
noi nel tempo cadiamo a terra
e il tempo continua la sua strada

Se tu avessi mille cuori
moriresti comunque mille volte

XXVI

Per scrivere dei miei figli
continuo ad affilarmi

Ora come posso addormentarmi
se non sono sveglio

Mi alzo
spengo la luce
spengo i vicoli
spengo la luna
e fino all’alba
resto lì, nel cielo

Qualcuno sul letto dorme
qualcuno sul letto muore
entrambi soli
fino all’eternità

Come è vuota questa casa
sento il suono della pioggia che cade
sento perfino
il suono della pioggia che non cade

Lascio i versi nella penna

Mi alzo
e guardo dalla finestra:
la mia insonnia in cortile
smuove la terra del giardino
raccoglie le ore della solitudine
sparse sul selciato
sovrappone l’inverno al muro
e ora
apre il cancello
e si perde nel vicolo

Dalla finestra
non mi ero mai visto
andare via così


Poesia inedita

Con la canna da fucile
mescola il tè
con la canna da fucile
fa il cruciverba
con la canna da fucile
gratta i pensieri

A volte
si mette seduto di fronte a sé stesso
e sfila dal cervello
le schegge dei ricordi

Ha combattuto molte guerre
ma non sa combattere la solitudine

Le pillole
l’hanno sbiadito a tal punto
da mandare la sua ombra
a prendere un bicchiere d’acqua

Bisogna accettare
che mai nessun soldato
è tornato vivo
dalla guerra

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