a cura di Giovanna Frene
da Cruor (Il Ponte del Sale, 2023)
SPOSTAMENTI
Rubrica di poesie, parole sulle poesie e parole sulle parole
n°61
Datemi ossa da rodere e zampe di gallina da bollire. Una vecchia contadina golosamente ne mangiava in quantità. Datemi i lamenti delle donne che si fanno cadere ciocche di capelli sulle gonne, che parlano il latino degli ignoranti e belano come le pecore del loro gregge. Datemi la formula del pastore che sa allontanare una biscia da una sorgente, far scoppiare un capezzolo di latte ad una vacca, datemi gli spergiuri delle madri, le bestemmie degli uomini davanti ai bar. La paura per i misteri che al sud diventano Ianare e Marialonghe. Datemi il pettine nella bara dell’uomo che se ne va, la sua dentiera e gli asciugamani. Datemi i cadaveri per quarantott’ore sdraiati nei letti maritali coi parenti che baciano le freddure della morte. Datemi i sughi neri di sei ore sui fornelli, i santuari sui comodini delle nonne. L’asfissia dei vicoli dove ci si deve stringere per forza, e guardarsi, e la bizzaria di malocchio e tarantella. I sapienti del web non sanno distinguere un tuono da un urlo del diavolo, un pensiero nero da un improvviso sbuffo di vento. Ma qui Nina che ha novant’anni e Adele appena trapassata che ne aveva novantuno, sapevano ogni cosa di questa vita e della vita di là e la guerra viveva come un antico giacimento fra le loro rughe o un ago piantato per sempre nel cervello. Datemi la resa e la guerriglia di una parola, la cantilena dei penitenti, la foga degli assassini, i tremiti degli eroinomani. Datemi l’adolescente sulle scale che rumina un chewing gum e ci crede che la vita è grande e che gli adulti hanno la ruggine fra le ciglia e le carie nei bulbi oculari. Datemi la disperazione dei vattienti che ogni sette anni si dissanguano da soli a Guardia Sanframondi e congiungono così le arterie dei vivi e dei morti e tutto nasce nuovo un’altra volta, tutto sbocciante, in cima al petalo, in vetta all’uragano. Datemi acqua per dissetare la cammella, Dario ne chiese inutilmente, Amelia aveva un bisonte seduto sul cuore e crepò volando all’incontrario. Datemi le poesie sconce di Simone e le orme striscianti dei poeti che respirano con le bocche attaccate alla radice. Datemi le carezze che il povero Aldo non ebbe dalla sorella Helle e l’esilio del singolo nella folla e la folla nella testa quando si è soli. Datemi la gemma e la sua nostalgia di lucentezza, il suono dei gomiti sul legno delle culle e i baci che mia madre orfana a sette anni non seppe darmi e di notte la sentivo piangere con la faccia dentro l’ovale del water e vomitare rigurgiti di dispiacere e solitudini.